Pagelli, pagelli e...ancora pagelli!
Di Francesco Martelli
Il principe del bolentino di medio fondale, è senza ombra di dubbio il pagello, un pesce estremamente combattivo anche quando è di taglia modesta. Offre momenti emozionanti quando viene catturato in coppia o con più esemplari contemporaneamente, superiori anche ai 500 grammi.
Il pagello(Pagellus erythrinus ) è un pesce bianco pregiato, caratterizzato da una colorazione bruno rosato sul dorso, per sfumare con livree rosa sui fianchi. Spesso, Fa vita gregaria, grufolando nei fondali misti di fango, sabbia, scoglio, maciotto e non disdegna la posidonia. Nel periodo della primavera, quando si unisce in branchi con i suoi simili di varia taglia, nel momento di compiere il suo ciclo riproduttivo, formando il cosiddetto “montone”, diventa voracissimo per contendersi il cibo. Questo è il momento propizio per calare le esche là dove stazionano i nostri eccitati amici. E’ come... una “febbre rosa” per l’appassionato pescatore di bolentino. Proprio in virtù delle personali esperienze acquisite in decenni di pratica continuata nel bolentino al pagello, cercherò di mettere finalmente in luce, alcuni segreti, non di pulcinella, ma “finezze” tecniche, suffragate dagli esiti estremamente positivi. Con la primavera, per entrare in “sintonia” con il formarsi dei “montoni” e con il tempo clemente, possiamo pensare a programmare delle battute al pagello, che noi toscani chiamiamo parago. Cercherò di mettere il lettore nelle condizioni, di cimentarsi in questa divertente tecnica di pesca.
Preparazione al bolentino di medio fondale
Per il medio fondale, intendo quella fascia d’acqua compresa tra i 35 ed i 70 metri di profondità, nei cui substrati si trova: maciotto, corallino, roccia, fondo sporco da sedimenti calcarei(conchiglie), tratti di sabbia e fango. Gli hot spot dei pagelli si trovano proprio in quelle zone, là dove l’ecoscandaglio rileva secche importanti, degradi rocciosi e piccole rocce isolate nel fango. Insomma, zone, dove vi siano dei dislivelli significativi di substrato, anche piccoli, con un andamento eterogeneo esteso di tutto il fondale interessato alla pesca. Per cimentarsi col bolentino di medio fondale, tutte le imbarcazioni sono valide, tuttavia siccome dovremo pescare in deriva, con un certo scarroccio, causato dall’azione della brezza di vento e della corrente marina, sono preferibili imbarcazioni che abbiano un certo pescaggio che attutisca il fenomeno della deriva. Si può limitare l’eccessivo scarroccio, applicando una o due ancore galleggianti di varia misura a seconda della stazza delle barche in uso. Naturalmente, sotto il profilo della sicurezza in mare, più la barca è grande, più la navigazione è tranquilla e confortevole. Questo, in modo particolare se si considera che certe poste sono distanti molte miglia dalla costa e al di fuori di qualsiasi ridosso, rappresentato da punti cospicui della costa e dalle isole. Comunque, a prescindere da queste doverose considerazioni, analizzeremo quello che occorre dalla A alla Z per insidiare i nostri pagelli.
Per quanto riguarda le attrezzature di base, dovremo orientarci su alcune tipologie di canne, corredate di validi mulinelli, oppure, sui bolentini classici, tradizionali, costituiti da telaietti di sughero su cui avvolgere le lenze madri. Per la scelta delle canne, delle buone 3,5 - 4 – 4,5 metri in carbonio, assicureranno egregiamente le funzioni richieste. Queste misure rappresentano un compromesso ideale che permettono di ben “lavorare” i pesci di taglia ordinaria e anche quelli di taglia importante. E’ preferibile tuttavia che le stesse abbiano i passanti buoni, anelli con pietre in SIC(silicio) o Alconite, che meglio resistono ai continui passaggi delle lenze nel loro interno, in modo particolare del multifibra, che ha un maggior effetto abrasivo. Inoltre, dovranno essere robuste, con una buona conicità strutturale per ottenere un’azione di punta per meglio supportare le tensioni di lenza, quando si utilizzano piombi dai circa 150 ai 200 grammi in presenza di correnti marine sostenute. Molto importante anche l’azione dei cimini o vettini, che devono essere monopezzo ad innesto, in nylon con l’estremità molto sensibile per avvertire meglio le tocche e per meglio garantire la cattura fino quando il pesce giunge a pagliolo. La scelta dei mulinelli è orientata ovviamente verso quelli a bobina fissa, taglia da 4000 – 5500 - 6500, che hanno una valenza media. Devono essere affidabili, con frizioni sicure e con componentistica di pregio. Per ultimo e non meno importante, il classico telaietto di sughero, su cui avvolgeremo almeno 200 metri di lenza di monofilo dello 0,70 per meglio manipolarla quando si cala, quando si recupera e quando la si stende a pagliolo.
Le lenze ed i finali più catturanti per la pesca con la barca in deriva e a scarroccio
Indipendentemente dalla scelta d’uso della canna con mulinello o del bolentino classico, i finali che seguiranno, avranno una tipologia costruttiva dettata dall’esperienza in pesca di anni ed anni di attività di molti pescatori toscani, dediti alle battute di pesca ai pagelli, saraghi, sugarelli, sgombri etc, esercitata con la barca in deriva e a scarroccio sotto l’azione del vento. Innanzitutto, è bene considerare che se si usa la canna col mulinello, la lenza madre a cui fisseremo il finale sarà dello 0,30, al max dello 0,35mm se utilizzeremo il monofilo di nylon. Se avvolgeremo il multifibra, la sezione varierà dallo 0,12 allo 0,17mm. Se piazzeremo il multifibra, sia esso Spectra o dyneema, è necessario interporre uno spezzone di nylon di circa 8 – 10 metri come shock leader, tra la madre ed il trave del finale. Comunque, indipendentemente dalla lenza madre usata, al capo libero di questa, piazzeremo una girella con moschettone per attaccare rapidamente l’asola del finale. Stesso discorso se si usa il bolentino classico: girella singola o con moschettone, da fissare al capo libero della lenza madre, che in questo caso è dello 0,70mm di sezione Per la realizzazione dei finali si procede come segue. Si realizza uno spezzone unico di circa 2,5 metri di fluorocarbon dello 0,33 – 0,35 mm, al quale fisseremo una serie di tre braccioli disposti a bandiera, lunghi circa cm 7 – 10 e distanti circa cm30 l’uno dall’altro. Il piombo verrà fissato con un’altra girella moschettone a circa cm15-20 di distanza dal primo amo. La grammatura dello stesso varierà dai 60/150 – fino ai 250 grammi in presenza di correnti sostenute. Per la scelta degli ami, è necessario optare per quelli da bolentino del N°3 - 4 con il collo tondo e con gambo di media lunghezza. Attenzione: devono avere una punta acuminatissima per assicurare catture a... raffica! I braccioli vanno fissati sul trave col nodo a “otto” a tre spire rivolti verso l’alto. Sono micidiali se innescati col gamberetto... possibilmente vivo! Provare per credere. Se si usa la canna con il mulinello e desideriamo finali a dir vero “raffinati”, è bene procedere così. Alla girella-moschettone della madre lenza, si attacca il trave del finale, lungo sempre mt 2,5/3 in fluorocarbon dello 0,33/0,28mm, al quale, devono essere fissati a bandiera, N° 3 braccioli, sempre in fluorocarbon dello 0,21 /0,235, fissati ad una distanza di circa 30 cm l’uno dall’altro. La lunghezza di questi deve essere di: cm 20 circa, riservata ai braccioli posti più in alto, mentre il terzo bracciolo, quello fissato a 10/15 cm dal piombo, deve essere di 30 cm. Il fissaggio di questi braccioli va effettuato con perline incollate o con gli snodi prodotti dalla Stonfo, Tubertini, Colmic ed altre ditte.
La tecnica del bolentino... con barca in deriva!
Supponiamo di essere pronti per la battuta di pesca. E’ necessario avere a disposizione almeno tre tipi di esche, il gamberetto(meglio se vivo o freschissimo), il calamaro, sistemato a pezzetti di cm 3 circa e il verme americano: l’una deve essere alternativa all’altra. I pagelli non sempre vogliono predare un solo tipo di esca. A questo punto è necessario portare la nostra imbarcazione sulla zona dove vi sono le note secche ed iniziamo a scandagliare bene, monitorando costantemente lo strumento. Di solito, i pagelli, stazionano dai – 35/40 fino ad oltre i -80 metri di profondità, su fondali misti tra roccia, maciotto, coralligeno, fango e sabbia. Comunque, la profondità ideale è dai -40 fino ai -70. Torniamo allo strumento. Appena vediamo un punto interessante nel quale si può evidenziare una roccia, intorno alla quale c’è un branchetto di sugarelli(dalla battuta lo si capisce), oppure un “bordo” di una secca, vicino al quale si evidenziano buone marcature di pesci, occorre fermare l’imbarcazione, disporre la stessa al traverso della corrente e della brezza, farla assestare per una manciata di secondi e... si calano le nostre lenze! Di solito i pesci non si fanno attendere e si allamano con una certa facilità. Sono sufficienti poche tocche per imprimere la ferrata: a mano, se si usa il bolentino, o con la canna, quando il vettino leggermente in tensione inizia a vibrare. Se ci sono i pagelli... sarà un continuo tirar su pesci con: “doppiette” e “triplette” rappresentate di solito da pesci misti: due sugarelli e un pagello, oppure un serrano e due pagelli oppure un sarago e due sugarelli etc. Quando va “male” rimarrà allamato solo un pesce! Più rapidi siamo e più ne prendiamo! Questo spiega, a prescindere dalla corrente, la maggior zavorra usata! Se i pesci non ne vogliono sapere in quel determinato punto... beh mettiamo di nuovo in moto il motore ed esploreremo altre zone e... così via! Un consiglio: è bene inserire la funzione “traccia” sul GPS Cartografico e fare diverse “passate” nei punti dove le tocche sono più frequenti. Dulcis in fundo: è bene ricordarsi, secondo la normativa vigente, che non si possono prendere più di 5 kg di pesce a persona!
Capire come mangia il pagello
Forse, su tutto quello che è stato scritto in questo articolo, la parte che segue, è quella sostanzialmente più importante, in quanto ci apre la strada e ci fa capire che in quelle giornate dette “sfortunate”, in realtà, conoscendo determinati modi di “ferrata”, quando siamo in pesca, tutto può risolversi a nostro favore, a scapito del più furbo pagello presente nel raggio di molte miglia! Tuttavia, è necessario in primis verificare le condizioni del mare e del vento nel momento in cui stiamo pescando. Spesso e volentieri, ad un cambio di vento o all’abbonacciarsi dello stesso, le tocche dei pagelli: smettono del tutto! Quello è il momento per capire e per agire affinchè ritorni il sereno: il momento gioioso e magico delle tocche! Proprio per questo motivo io adoro pescare al tocco, con le dita a contatto con la madre lenza: praticamente uso il classico bolentino. Dopo anni di pratica, si riesce a capire quando il pagello sfrega delicatamente il muso nelle uova dell’addome dei gamberetti. Questo lo si avverte con una certa ipersensibilità alle delicatissime tocche, al cui seguito occorre imprimere un’energica ferrata ed il nostro amico inizia a dibattersi. A mio avviso, le dita sono più sensibili del vettino supertecnologico esistente. Scendendo nei dettagli, quando c’è mare calmo e pochissima corrente, i pagelli mangiano in modo svogliato ed è necessario imprimere la ferrata, allorquando si avverte la prima o al massimo la seconda tocca leggerissima. Attenendosi a queste regole, di solito il pesce si allama. Altra condizione di pesca, quando c’è brezza di vento ed il mare è appena formato: queste sono le condizioni ideali che permettono di esplorare ad una velocità di scarroccio di circa 0,3 – 0,5 nodi le zone interessate alla pesca. A questo punto, le tocche sono più frequenti ed occorre imprimere la ferrata, solo quando la tocca la si avverte ben forte e decisa ed è al terzo o quarto sollecito. E’ necessario imprimere la ferrata e l’allamata è quasi assicurata. Terza condizione, dopo qualche minuto di pesca, non si avverte niente: proviamo a far “lavorare” la lenza, simulando il movimento naturale dei gamberetti, sollevando gli stessi e rilasciandoli sul fondo. Rimettere la lenza in tensione e... di solito il nostro amico torna incuriosito e... zac! Allamato. Quarta condizione di pesca: non si avverte niente dopo alcune catture plurime. A questo punto, occorre smuovere le esche e rilasciare il finale sul fondo. Lasciare l’esca per almeno 15 – 20 secondi sul fondo in corrente, come se fosse un palamito in pesca. Dopo il 15° o 20° secondo si imprime la ferrata e... magicamente il nostro amico sarà allamato e scodinzolerà a dovere! Succede questo quando le correnti marine che agiscono sul fondo, impediscono al pagello di “annusare” il gambero a dovere. Come ben sappiamo i pagelli sono grufola tori e a 70 metri di profondità... tutto è relativo! E’ necessario fare attenzione: se su 50 pesci ne perdiamo 1 o 2... beh ci può stare. Ma se perdiamo 3 – 4 o più pesci, è necessario sostituire rapidamente il finale già pronto nel rollino con ami vergini più acuminati.
Le esche per i pagelli
L’esca principe per il pagello è il comune gamberetto di fascina, che si può reperire nelle pescherie, nelle quali arriva al mattino, vivo e saltellante. E’ importante che sia vivo! Deve avere un aspetto: trasparente o perlomeno sufficientemente opaco, ossia, appena defunto, altrimenti il “giochino” non produce l’effetto desiderato. Due piccoli... grandi segreti! Il gamberetto, funziona molto bene anche se congelato, tuttavia è necessario prepararlo come segue. Si prendono piccoli quantitativi di gamberetti vivi, 150 gr. circa e si mettono all’interno di un sacchetto grande destinato alla conservazione dei cibi nel freezer. Si stendono bene all’interno e si fanno amalgamare con del mais, oppure con della segatura per non farli unire. Si confezionano diversi sacchetti, si legano e si depongono nel freezer, tanti quanti occorrono per le varie battute di pesca. Di solito, occorrono 3 sacchetti di gamberi, per 2 o 3 persone in pesca per almeno 5 ore. Si mantengono nel freezer per alcuni mesi. Possiamo sostituire il mais con dei preparati appositi, che sono prodotti per integrare le pasture, come gli amminoacidi ed altri sfarinati vari. Se ci si attiene a certe accortezze... i successi non mancheranno! Il secondo segreto è quello di acquistare gamberetti... a misura! Questo è fondamentale per fare la differenza! E’ necessario che abbiano una lunghezza pressochè identica con quella dell’amo con cui stiamo pescando e che la punta dello stesso esca appena dalla bocca del crostaceo. Questo perchè quando il pagello abbocca, mira alla testa ed è proprio lì che deve trovare la sorpresa... acuminata al massimo! Altre esche di grande valore per il pagello sono: il totano, il calamaro, il verme americano ed il cannolicchio. I primi, vanno trattati come segue. Si acquistano in pescheria freschi o congelati. Meglio naturalmente se freschi. Si spellano i loro “mantelli” e si battono su un tagliere con un batticarne in modo tale da ammorbidirne il contenuto. Si tagliano in senso longitudinale e trasversale formando delle striscioline di circa 1,5 cm di larghezza e 3 cm di lunghezza. Il verme americano invece, va prelevato dalla scatola ed innescato in modo tale da farlo “scorrere” per almeno 2 cm sopra il gambo dell’amo e farlo penzolare dallo stesso per 1,5 cm. Per quanto riguarda il cannolicchio: stesso processo d’innesco come quello dell’americano, tranne che, può essere anche trapuntato varie volte a formare... un succulento boccone! Il gamberetto ha una validità universale su qualsiasi fondale ed in qualsiasi stagione venga usato. I cefalopodi vanno usati preferibilmente nel periodo autunnale e l’americano, trova una straordinaria validità nei fondali prevalentemente fangosi con scogli isolati.
IL PAGELLO(Pagellus erythrinus)
Il pagello, meglio conosciuto in Liguria come pagao, o in Toscana come parago, chiamato anche fragolino, fraolino, luvaru, lutrinu nell’Italia centro meridionale, è un bel pesce bianco appartenente alla famiglia degli Sparidi. Ha il corpo, lateralmente compresso ed una colorazione bruno rosato sul dorso, spesso punteggiato di azzurro. Presenta livree rosa sui fianchi con sfumature argentee. Raggiunge i 50 cm di lunghezza ed oltre 3 chilogrammi di peso. La taglia comune e diffusissima in tutto il Mar Mediterraneo, varia dai 150 ai 400 grammi. Vengono pescati, non di rado, esemplari anche di 600/800 grammi, in modo particolare nel momento in cui si riuniscono con i loro simili, per compiere il ciclo riproduttivo, che avviene in primavera inizio estate. Presenta un dimorfismo sessuale comune negli Sparidi: è ermafrodito proterogino, ma vi sono anche maschi primari. Per intendersi, presenta organi sessuali femminili nel primo stadio giovanile della sua vita, che trasforma in organi sessuali maschili in età adulta. Vive dai 10 a circa 120 metri di profondità, su fondali provvisti di dislivelli eterogenei marcati, come secche, rocce sparse, con coralligeno, maciotto, fango, sabbia e posidonia. Si nutre di diversi animali marini invertebrati e piccoli pesci. Differisce nella sua morfologia dagli altri due Pagelli congeneri presenti in Mediterraneo, e cioè il Pagellus acarne, chiamato pagello bastardo, occhione, mafrone ed il Pagellus bogaraveo, chiamato Rovello, occhione di profondità, bezugo, pezzone, pizzornia, mupo etc.